Più capitali all’economia

articolo pubblicato su Il Sole 24Ore il 1 Novembre 2016

Tutti gli indicatori internazionali sembrano volgere al peggio. Il fondo monetario riduce la previsione della crescita economica mondiale a poco più del 3% (Unione Europea 1,5% meno delle aspettative) il Wto, l’organizzazione mondiale del commercio, prevede per l’anno in corso una riduzione della crescita mondiale del commercio all’1,7 rispetto al 2,8 stimato ad inizio d’anno mentre regna l’incertezza su tutti i mercati finanziari (l’eurostock -8% con l’Italia addirittura a -24%). Inoltre il sistema bancario è in affanno ed in particolare quello italiano con un carico di sofferenze stimato, al netto, di 90miliardi di euro. In questo quadro di bassa crescita, di bassissima inflazione e di crisi dei mercati finanziari si aggiungono decine di focolai di guerra che aggiungono, come si suol dire, benzina sul fuoco e crescono contestualmente povertà, disoccupazione e intollerabili disuguaglianze sociali. Le tante analisi di autorevoli economisti parlano di un rallentamento della innovazione tecnologica e quindi di una riduzione della produttività che si scarica quasi esclusivamente sui salari per recuperare competitività di prezzo, altri mettono sul banco degli imputati la mancata estensione di accordi commerciali come il TTIP, altri, infine, indicano nella globalizzazione la causa profonda di questo quadro negativo. Per finire una politica monetaria espansiva iniziata prima dalla Fed, dalla banca d’Inghilterra e dal Giappone ed in ultimo dal quantitative easing della BCE ha mostrato i suoi naturali limiti sulla crescita economica rischiando di produrre addirittura effetti paradossi come la crisi delle banche che con tassi di interessi così bassi non riusciranno più ad avere conti in ordine se non rivolgendosi anch’esse alla industria finanziaria. Sia detto con chiarezza che queste politiche monetarie espansive erano necessarie e sarebbero state utilissime sempre quando fossero state limitate nel tempo e se fossero state corroborate da riforme e da nuove politiche economiche. A nostro giudizio la causa profonda di questo stato di malessere dell’economia internazionale con ricadute drammatiche in molti paesi non è la globalizzazione che ha fatto uscire dalla povertà assoluta centinaia e centinaia di milioni di persone ma la cosiddetta finanziarizzazione dell’economia. Come tutti sanno la finanza era una infrastruttura al servizio della produzione di beni e servizi la cui diffusione, peraltro, è la condizione del benessere delle popolazioni. Dalla metà degli anni ottanta, con ritmo prima modesto e poi tumultuoso a partire dalla metà degli anni ’90, la finanza è diventata una industria a sè stante grazie alla sua ingegnerizzazione ed alla deregolamentazione dei mercati finanziari. In parole povere l’economia reale si è vista lentamente privare di parte significativa di risorse e di risparmio attratti sempre più dall’industria finanziaria e dai suoi profitti irragionevoli. Se questo è vero allora le cose da fare sono poche e chiare. Va finalmente deciso di privilegiare l’uso produttivo del capitale rispetto al suo uso finanziario. Questo sarà possibile innanzitutto con politiche fiscali e vincoli normativi che agevolino l’uso produttivo del risparmio gestito a cui deve aggiungersi una profonda riforma dei mercati finanziari. Questa riforma dovrebbe prevedere alcuni divieti come la vendita allo scoperto, la diffusione di prodotti finanziari nel mercato retail del sistema bancario, la separazione tra banche commerciali e banche d’affari e la diffusione dei prodotti finanziari al di fuori dei mercati regolamentati quando a fare il prezzo sono le poche agenzie di rating i cui proprietari sono protagonisti importanti degli stessi mercati finanziari (peraltro tutte le statistiche dicono che quanto più aumenta il tasso di finanziarizzazione di una economia minore è il suo tasso di crescita). Questo è il tema centrale da mettere innanzitutto nell’agenda europea perché se non si dovesse arrivare alla riforma dei mercati finanziari ed alla discesa graduale della finanziarizzazione le economie mondiali cadrebbero nella trappola della grande liquidità.  Una liquidità che ha raggiunto livelli inimmaginabili alimentando questo figlio drogato dell’economia di mercato che è il capitalismo finanziario fonte a sua volta di una immensa ricchezza elitaria e di una grande povertà di massa con crescenti disuguagliane sociali e con la decadenza del ceto medio delle grandi democrazie occidentali. Non può sfuggire a nessuno che questo stato di cose si trasferirà sul terreno politico invertendo l’equilibrio di potere tra occidente democratico ed oriente largamente autoritario del pianeta e alimenterà nell’occidente movimenti di protesta e, se non fermato a tempo, approderà inevitabilmente ad uno scoppio di una terribile bolla finanziaria dagli effetti sociali mondiali imprevedibili.

paolocirinopomicino@gmail.com

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