L’iceberg Unicredit

articolo pubblicato su Il Foglio Quotidiano il 1 Marzo 2017

Da alcuni mesi il Senato della repubblica sta discutendo sulla proposta di una commissione d’inchiesta sulle banche italiane ma, ricordando Tito Livio, diciamo che “mentre Roma discute Sagunto viene espugnata”. E Sagunto è per l’appunto il nostro sistema bancario. Già abbiamo ricordato da queste colonne il caso di Unicredit e la sua stramba, per non dire altro, strategia industriale. Per dirla in sintesi è stato impedito ai funzionari ed ai dirigenti di quella banca di gestire in proprio i crediti deteriorati, cioè le sofferenze bancarie, con saldi e stralcio appetibili (ad esempio sotto il 50% del valore nominale) salvo poi a vendere gli stessi crediti deteriorati ai fondi al prezzo medio del 12-13% del valore nominale consentendo così un trasferimento di diversi miliardi di euro di guadagno dagli azionisti ai fondi nazionali ed internazionali. Ma l’Unicredit è solo l’avanguardia di un più generale processo che rischia di perpetrarsi ai danni degli azionisti bancari e degli stessi risparmiatori italiani. Da notizie ampiamente pubblicizzate, infatti, si rischia di mettere sul mercato circa 70 miliardi di NPL (crediti non performanti e cioè deteriorati) ad un valore di mercato intorno al 20% di quello nominale (lo strana vicenda Unicredit è un caso a parte) a cominciare dai 27 miliardi di MPS in cui oggi lo Stato ha una sua diretta responsabilità. I fondi speculativi che acquistano gli NPL a prezzi così scontati chiuderanno poi le rispettive partite con i debitori ad un valore più del doppio di quello pagato. Ebbene non si capisce perché le banche non si chiamino i rispettivi debitori offrendo di chiudere a saldo e stralcio le singole partite al valore di media del 35/40% del valore nominale piuttosto che venderle ai fondi ad un prezzo nettamente inferiore. Ma c’è di più! I fondi una volta acquistati i crediti a sconto dalle banche chiedono a famiglie ed imprese l’intero debito arrivando anche a procedure esecutive di ogni tipo. Insomma ciò che sta accadendo è un trasferimento di ricchezza dagli azionisti e dai risparmiatori ai fondi speculativi mentre nessun beneficio arriva ad imprese e famiglie in difficoltà che saranno perseguitate legalmente dai grandi fondi internazionali. Se le banche facessero ciò che noi consigliamo (Banca Intesa da qualche tempo si è avviata in questa direzione) avrebbero più quattrini nel medio periodo e famiglie ed imprese avrebbero un respiro sufficiente per continuare a produrre e a consumare. La banca d’Italia in più occasioni ha detto con chiarezza che non vede alcun impedimento a che una banca gestisca in proprio i crediti deteriorati dopo le svalutazioni. Per quanto riguarda la BCE, tutti apprezziamo l’alta professionalità di Draghi ma possiamo sapere ufficialmente se la Banca centrale europea si astiene dal fare pressione perché le banche diano alla finanza internazionale una notevole ricchezza che appartiene agli azionisti ed ai risparmiatori italiani oltre che alle famiglie ed alle imprese? Se chiediamo questo è perché la vigilanza bancaria europea sta avendo comportamenti particolari visto che i suoi funzionari spesso sono troppo presenti nei consigli di amministrazione delle banche, molte volte in silenzio ma di fatto condizionando le decisioni degli amministratori con la loro stessa presenza mentre altre volte danno addirittura indicazioni operative e, guarda caso, sponsorizzando questo o quel fondo internazionale! Possiamo continuare ad assistere in silenzio a questo che appare come un saccheggio testimoniato peraltro dalla voglia sfrenata e dalla guerra che i fondi si fanno tra loro per acquistare questi NPL? Il silenzio del governo e del parlamento sta diventando imbarazzante dinanzi a quella che evitiamo di definire giuridicamente per non incorrere in giudizi definitivi che potrebbero essere sanzionati ma è tempo, oggi e non domani, che tutto venga fermato sperando anche che il giovane e talentuoso ministro dello sviluppo Carlo Calenda voglia comprendere come il respiro finanziario alle imprese e la tutela del patrimonio delle banche siano elementi fondamentali per quella crescita che tutti auspichiamo e che continua a mancare dal lontano 1995 e che, naturalmente, i grandi fondi internazionali, per la loro stessa natura, non mettono nel conto delle proprie azioni.

paolocirinopomicino@gmail.com

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