Articolo pubblicato il 31 marzo 2017 su “Il Foglio”
La celebrazione del sessantesimo anniversario dei patti di Roma con i quali si dette il via alla Comunità europea, la più grande conquista di pace e benessere del novecento, non può lasciare in ombra quel fiume carsico che lentamente percorre gli anfratti delle società nazionali corrodendone la coesione sociale in particolare nel nostro paese. Ci riferiamo non tanto e non solo alla crescita di movimenti politici maldestramente definiti populisti quanto invece alla corrosione delle basi democratiche delle nazioni. Il caso dell’Italia è da questo punto di vista il più allarmante. Chi nel nostro paese difende ancora la funzione legislativa, la sua dignità ed il suo ruolo indispensabile? Purtroppo nessuno a cominciare dagli stessi parlamentari intimiditi da campagne stampa intollerabili e generalizzate. Quando di volta in volta gruppi diversi di deputati arringano in piazza Montecitorio uno sparuto manipolo (termine più che giusto in questa stagione) indicando negli altri colleghi deputati una masnada di mascalzoni, chi si indigna come fece uno dei padri della patria, Ugo La Malfa, quando disse in una aula attonita per il rapimento di Aldo Moro che il parlamento difende tutte le libertà tranne una, quella di uccidere la libertà? Dileggiare il parlamento ed i parlamentari alla lunga mette in discussione la stessa democrazia e ci riporta indietro nel tempo tragico dell’immediato primo dopoguerra. Chi volesse leggere le cronache di quel tempo in Italia ed in Germania vedrebbe che l’inizio di quelle grandi tragedie che funestarono gli anni successivi cominciarono proprio con il dileggio dei parlamentari e poi dell’intero parlamento sino alla fatidica frase di “quell’aula sorda e grigia”. Sappiamo bene come negli ultimi decenni la politica ha fatto di tutto per meritarsi critiche sanguinose cominciando col rinunciare a quel minimo di identità culturale che grazie a Dio resiste ancora nelle grandi democrazie europee, dal socialismo al liberalismo, dal cattolicesimo politico all’ecologismo. Queste sono le culture che hanno battuto e stanno ancora battendo (vedi l’Olanda) i nazionalismi ed i populismi pur con tutti le lacune della loro azione di governo. L’Italia invece da venti anni è in preda ad una sbornia modernista e bonapartista per cui le culture politiche sarebbero storicamente superate e sostituite da nomignoli sportivi, faunistici, floreali o fiabeschi e risorgimentali sui quali è poi cresciuta la mala pianta del personalismo e del presunto liderismo. Qual è insomma l’impianto culturale dell’Ulivo, dei 5 stelle, dei fratelli d’Italia, di forza Italia e via via di tanti altri partiti che bene potrebbero invece essere protagonisti autorevoli di vecchie culture rilette ed ammodernate per contrastare le nuove sfide del terzo millennio? Questa colpa grave della politica che ha fatto smarrire al popolo il senso di appartenenza non giustifica però quel dileggio permanente dei singoli e dell’intero parlamento da parte di chi spesso non ha neanche i titoli morali e culturali per farlo. Attenti, noi parliamo del dileggio e del disprezzo non delle critiche argomentate e feroci che sono il sale della democrazia e che vanno rispettate ed ascoltate e, se non condivise, contrastate con argomenti e non con arroganza. Non c’è bisogno di scomodare Tocqueville per ricordare che i poteri dello Stato sono i soliti tre, esecutivo, legislativo e giudiziario. Mentre ai primi due si spara contro a palle incatenate con disprezzo e dileggio un giorno sì e l’altro pure, ci si genuflette non nei riguardi del potere giudiziario ma di quello inquirente o per paura o per convenienza o perché politicamente utile per battere l’avversario. Le nostre non sono fantasie né abbiamo le traveggole ma siamo osservatori amareggiati dello stato in cui si trova il paese. Il fango che rischia di toglierci il respiro sta proprio nel disprezzo della politica fatta apparire come il dolce far niente tanto che spesso si invitano i parlamentari a tornare a lavorare. E che significato ha questo invito incolto e volgare se non quello di poter fare a meno della politica tout court? Noi da anni critichiamo con argomenti duri e feroci non solo la politica ma anche i singoli protagonisti dell’economia, del governo e del parlamento ma non facendo mai venire meno quel rispetto per la democrazia politica. Siamo sul ciglio di un burrone e se il paese dovesse precipitarvi nessuno si salverà e meno che meno la parte più debole e sofferente della società. Celebriamo i patti di Roma ma diventiamo consapevoli una volta per tutte che pur essendo uno dei paesi fondatori siamo tra gli ultimi per disoccupazione e crescita economica e per la qualità del rapporto tra il nostro sistema politico e la pubblica opinione. È giunto il tempo di ricostruire e non più di distruggere quel poco che ci è rimasto.
Magnifique!
Ehm, ehm, dr Giletti!, che ben conosciamo, prenda e porti a casa!!!