articolo pubblicato su Il Foglio Quotidiano il 17 ottobre 2017
Questa strana e, per certi aspetti, modesta legislatura rischia di chiudersi con una sorta di pantomima grazie alla istituzione di una commissione parlamentare di inchiesta sul sistema bancario italiano. Senza mancare di rispetto al parlamento, cosa mai può rappresentare una commissione di questo tipo che in poco tempo dovrebbe ripetere il lavoro che la magistratura sta facendo da oltre un anno? Non solo i poco più di 4 mesi a disposizione della commissione la dice tutta sulla sua inutilità in ordine alla emersione di alcune responsabilità parti delle quali, peraltro, sono state già individuate da molte procure e dai commissariamenti attuati dalla banca d’Italia ma è la stessa definizione dei suoi compiti che ne garantisce la modestia della sua funzione. È vero che accanto alla gestione di alcune banche e della stessa vigilanza (compiti, ripetiamo, che stanno già facendo i magistrati) la commissione dovrebbe verificare “gli effetti della crisi finanziaria globale sul sistema bancario italiano” e la relativa “adeguatezza della disciplina legislativa nazionale ed europea sul sistema bancario e finanziario nonché sul sistema di vigilanza”, funzioni che sembrano allargare il perimetro dell’attività della commissione. Ma se fossimo irriverenti dovremmo dire che questo parlamento ha preso lucciole per lanterne. Non ci permettiamo di farlo, naturalmente, ma sottovoce vorremmo dire che il parlamento della repubblica non coglie il vero nodo dinanzi al quale l’Italia e l’Europa si trovano. Infatti nel testo istitutivo nella sostanza si parla solo della correttezza della gestione e della vigilanza, cioè se vi sono state “falle” colpose o dolose in questi compiti e, poi, di sbieco si parla di adeguatezza legislativa sul sistema bancario. Tutte cose marginali per un parlamento che non può ripetere ciò che fa la magistratura mentre, al contrario, il suo compito precipuo sarebbe quella di comprendere gli effetti della finanziarizzazione sul terreno della economia reale e su quello sociale. Per dirla in maniera brutale e comprensibile anche per i non addetti ai lavori, cosa mai ha rappresentato, in particolare nell’occidente, l’egemonia della finanza e la sua mutazione genetica che l’ha trasformata da infrastruttura al servizio della produzione di beni e servizi in una industria a sè stante? Questa sarebbe dovuta essere la domanda alla quale una commissione parlamentare di inchiesta avrebbe dovuto rispondere. Finanche il fondo monetario internazionale, il vero guardiano dell’esistente, comincia a parlare di salari troppo bassi (uno dei fattori della produzione maggiormente compressi) mentre il nostro Cottarelli va anche un po’ oltre avendo detto in una intervista che c’è una ripartizione della ricchezza troppo squilibrata in favore del capitale. Naturalmente anche molti premi Nobel hanno gettato l’allarme da tempo sul prevalere della finanza, tema sul quale da anni insistiamo spesso anche con punte ossessive vedendo ciò che forse altri non vogliono vedere. Se questo nodo della finanziarizzazione è vero, l’attenzione allora del parlamento dovrebbe essere orientata sui mercati finanziari, sulle loro eccessive libertà di utilizzare il processo di deregolamentazione per garantirsi profitti irragionevoli, sulla disponibilità di utilizzare il circuito bancario retail per trasferire nelle mani di inesperti risparmiatori prodotti finanziari “ingegnerizzati” che dovrebbero essere acquistati solo da investitori istituzionali, sulla diffusione disastrosa dei cosiddetti derivati che secondo le più autorevoli stime hanno raggiunto il valore di circa 600 mila miliardi di dollari e cioè 10 volte il Pil mondiale. E per finire spesso i sottostanti di questi derivati sono le materie prime che rappresentano la vita del mondo e la cui finanziarizzazione le ha sottratte, sul terreno dei prezzi, al tradizionale rapporto tra domanda ed offerta. Per non parlare poi delle sanzioni pecuniarie inflitte alle grandi banche d’affari con multe inferiori a ciò che hanno guadagnato con alcuni illeciti senza peraltro mai subire una interdizione anche transitoria per la loro attività. E quel che abbiamo sinora detto è solo una piccola parte della distorsione della finanziarizzazione della economia e del suo improprio potere, distorsioni possibili solo con questo tipo di mercati finanziari che stanno producendo da tempo effetti devastanti sulle società nazionali dell’occidente nelle quali crescono disuguaglianze sempre più intollerabili grazie a grandi ricchezze elitarie e altrettante grandi povertà di massa. Un parlamento autorevole, insomma, si sarebbe dovuto porre il problema di come favorire con politiche fiscali e normative l’uso produttivo del capitale rispetto alla diffusività del suo uso finanziario così come la sollecitazione impropria ed improvvida degli orientamenti della BCE e della sua vigilanza sta alimentando quel mercato dei “non performing loans” (NPL) che rappresentano un trasferimento di ricchezza finanziaria dalle banche ai fondi speculativi penalizzando imprese e famiglie che sarebbero pronte a riscattare i propri debiti bancari con gli stessi sconti con cui vengono ceduti i crediti bancari ai fondi speculativi. Insomma se dovessimo utilizzare i termini dei vecchi professori di liceo dovremmo dire con rispetto che il parlamento con quella istituzione di una commissione parlamentare di inchiesta è uscito fuori tema guardando ancora una volta al dito invece che alla luna e non potrà essere l’esperienza del presidente Casini a riempire quel vuoto che sta dietro alla istituzione di quella commissione voluta più per piccoli ragionamenti politici che non produrranno alcun effetto che non per una visione strategica su quella che più volte abbiamo definito la peste del XXI secolo.
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