Il taglio dei parlamentari e l’arrendevolezza della casta mai diventata veramente élite

articolo pubblicato su Il Mattino il 21 ottobre 201

Una classe dirigente pavida che da tempo ha smesso di guidare la società italiana inseguendola nei suoi anfratti peggiori si è inginocchiata alla vulgata corrente secondo la quale il parlamento della repubblica è un luogo di privilegi e di inutilità e di conseguenza ha tagliato un terzo dei parlamentari. L’Italia aveva sino ad ieri un rapporto di 1 deputato ogni centomila abitanti come la Gran Bretagna mentre Francia e Germania avevano un rapporto deputati-abitanti di 0,9. In parole povere le quattro grandi democrazie europee avevano sostanzialmente un comune rapporto deputati-abitanti nella camera bassa mentre per il Senato i numeri erano profondamente diversi l’uno dall’altro perché risentivano dei diversi ordinamenti istituzionali (stato federale, democrazia presidenziale, monarchia costituzionale). Dinanzi a questo stato di cose la pavidità dei nostri presunti partiti privi di una qualsiasi cultura di riferimento sta tutta nel fatto che si sono piegati ad una offensiva populista contro la democrazia rappresentativa di cui il parlamento è l’espressione più alta. In poco più di un anno, infatti, l’impoverimento finanziario della funzione legislativa (i vitalizi riguardavano i parlamentari del passato mentre noi parliamo dei parlamentari oggi in carica), la richiesta di porre un vincolo di mandato ai singoli parlamentari limitandone così la libertà di pensiero e di azione irreggimentandoli agli ordini del capo politico ed il taglio di un terzo dei parlamentari sono legati insieme da una visione populista che vorrebbe trasferire la guida del paese dal parlamento alla piazza virtuale interpretata poi dai rispettivi leaders. Insomma una deriva oligarchica ed autoritaria contro la quale nessuno si erge a contrastarla, finanche quelli che si ritengono eredi delle grandi culture politiche che ancora oggi governano le più grandi democrazie europee. Uno sfascio, dunque, culturale e politico che alimenta la paura della cosiddetta opinione pubblica peraltro così velocemente cangiante da qualche tempo a questa parte. La paura di perdere qualche voto mette in brache di tela quanti non hanno uno scudo culturale e politico per difendersi dal qualunquismo dilagante. Tutto questo si riflette pericolosamente anche nelle politiche settoriali dei vari governi perché ognuno ha paura di favorire con le proprie decisioni il suo avversario diventato spesso addirittura nemico. È il frutto drammatico della sciagurata personalizzazione della politica che ha svuotato il concetto stesso di partito che per essere tale deve avere un impianto culturale ed una democrazia interna per reggere l’impatto spesso violento con l’opinione pubblica aizzata dagli imbonitori di turno. Negli anni cinquanta l’Italia non sarebbe stata una protagonista dei patti di Roma per la costituzione del primo nucleo della comunità Europea se non avesse avuto nella democrazia cristiana e nei liberali quelle forti convinzioni politiche e culturali capaci di battere l’ostracismo del vecchio PCI di Togliatti, della Confindustria di Costa, dei sindacati e di parte rilevante della opinione pubblica del tempo. Alla stessa maniera difficilmente il terrorismo brigatista sarebbe stato sconfitto se le grandi culture cattoliche, socialiste, liberali e comuniste non avessero avuto quelle forti convinzioni per trovare quel minimo comune denominatore e salvare il paese anche a costo di perdere consensi. E così in tante altre occasioni della nostra vita nazionale perché è la politica e le sue culture ad orientare la società ed all’occorrenza assumere decisioni che possono essere anche impopolari sul momento ma hanno un orizzonte di crescita economica, sociale, civile e politica di tutto rispetto. È questa capacità di vedere lontano che caratterizza la piazza dalla politica alta mentre da oltre venti anni abbiamo partiti che hanno perso ogni identità culturale e ogni capacità di vedere lontano e si aggrappano disperatamente ai peggiori umori della piazza diventando così modesti comitati elettorali perennemente impegnati a ricercare ogni piccola frazione di consenso. Il nostro è solo un disperato avvertimento ai tanti che pur si ritengono politici di qualità e non si accorgono come in 25 anni per tutto quello che abbiamo sinora detto sono stati bruciati talenti come Prodi, Berlusconi, D’Alema, Veltroni, Rutelli, Letta, Renzi, Bersani e tanti altri ancora a fronte dei loro predecessori che ebbero una vita di decenni e costruirono una solida democrazia repubblicana che sconfisse il terrorismo di destra e di sinistra portando il paese ad essere la quinta potenza industriale del mondo ed un protagonista sulla scena internazionale. Quel che diciamo è testimoniato innanzitutto dalla scelta del partito democratico e di Italia viva che hanno votato il taglio dei parlamentari contro il quale si erano opposti con un voto parlamentare per ben tre volte. E fa tenerezza quel che entrambi i partiti hanno detto in aula sostenendo che il cambio di orientamento è dovuto alla stesura di un documento sottoscritto dai 5S per approvare nuove norme costituzionali per garantire la massima rappresentanza ed eventuali contrappesi agli effetti devastanti di questo taglio nonché una nuova legge elettorale. Viene voglia di sorridere e di domandar loro perché non hanno imposto ai 5S di posticipare questo taglio all’approvazione delle altre garanzie messe in quel documento che ad oggi rischia di essere solo carta straccia. Una proposta di questo genere non avrebbe mai spinto Di Maio e compagni a fare una crisi di governo temendo più di tutti elezioni immediate ed allora perché questa arrendevolezza? La risposta la diamo noi. È la maledetta paura di una opinione pubblica aizzata contro la cosiddetta casta che se fosse davvero élite avrebbe avuto consapevolezza e forza per invertire l’ordine del giorno e limare peraltro questo taglio brutale di parlamentari che rischia di espellerci dal novero di quei grandi parlamenti che riescono ancora a rappresentare e governare società inquiete come quelle occidentali. Con la  paura non si è mai governato ma si sono solo aperte voragini democratiche nel destino di un paese.  

paolocirinopomicino@gmail.com

 

 

 

 

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