Basta con i ridicoli diktat dei burocrati europei sulle banche

articolo pubblicato su Il Foglio Quotidiano l’8 settembre 2016

Davvero non c’è mai fine al peggio. E il riferimento, questa volta, è alle ultime normative che disciplinano la vita delle banche. Dopo la follia del bail-in che mette sullo stesso piano azionisti, obbligazionisti e depositanti oltre i 100mila euro trasferendo, dinanzi a crisi bancarie, i poteri ultimi dallo Stato al mercato, gli stessi istituti di credito sono stati disarmati davanti alla speculazione che impazza sui mercati. Infatti le banche, come abbiamo illustrato nei giorni scorsi da queste colonne, sotto attacco speculativo non possono comprare, dietro autorizzazione della BCE, azioni proprie per tagliare le unghie agli speculatori, trattenendo le stesse per un breve periodo (12-18 mesi) senza ridurre il capitale di vigilanza. Pensavamo che con queste due perle di saggezza, ignote ai paesi veramente liberisti come USA e Gran Bretagna, la storia triste fosse finita. Sbagliavamo! Si, sbagliavamo di grosso perché non tenevamo nel conto che la commissione europea, e per essa la direzione generale sulla concorrenza, potesse aggravare il già pesante fardello della BRRD, la famosa direttiva “monstre” che produrrà danni non ancora prevedibili. Noi che siamo in genere i primi a mettere il petto davanti alle baionette (non abbiamo, infatti, salvato alcune banche agonizzanti quando la legge lo consentiva come hanno fatto tutti, tedeschi, francesi, inglesi, olandesi e via dicendo) abbiamo mandato a carte quarantotto le famose 4 banche penalizzando quei risparmiatori che avevano sottoscritto obbligazioni subordinate. Nonostante questi pesanti danni ricevuti grazie agli ultimi governi che guardavano la luna, la commissione europea ha messo, come dice un proverbio antico, “sul cotto acqua bollente”. Infatti la famosa direttiva BRRD (Bank Recovery and Resolution Directive) all’art.41 comma 3 e 5 afferma che in caso di risoluzione bancaria le cosiddette banche ponte (Etruria, Carichieti, Carife e BancaMarche) devono essere vendute “quanto prima e in ogni caso due anni a decorrere dalla data in cui è stata effettuata l’ultima cessione” (comma 5) e l’autorità di risoluzione può prorogare “per uno o più periodi supplementari di un anno” tale termine (comma 6). La commissione europea, invece ha deciso che le 4 banche dovevano essere vendute una prima volta entro aprile (5 mesi) e poi, bontà loro, entro settembre (10 mesi) sempre del 2016. C’è bisogno di essere laureati o di una zingara per sapere che se metti un termine “scannato” a qualcuno per vendere un bene, i possibili compratori ne approfitteranno per offrire prezzi irrisori? E così è puntualmente avvenuto con alcuni fondi speculativi ed oggi, dopo la proroga fino al 30/09, così faranno quelli che vorranno comprare a pezzetti le 4 banche. Se non si interviene con urgenza il fondo di risoluzione alimentato dalle banche italiane e quindi con soldi privati (anche se la commissione europea li equipara a fondi pubblici per via dell’obbligo di legge per la sua costituzione) avrà una grave minusvalenza che peserà, poi, su tutte le banche. È una nostra impertinenza o è lecito domandarsi dove sta il nostro governo e perché non obbliga la commissione a rispettare le norme prima citate chiedendo almeno due anni perché la nuova autorevole guida delle 4 banche possa valorizzarle e poi metterle sul mercato a prezzi congrui? È urgente che il presidente del consiglio intervenga personalmente perché l’Italia non può subire ridicoli diktat da burocrati della direzione generale della concorrenza senza battere ciglio e perché si tratta davvero in questo caso di difendere soldi dei risparmiatori italiani e posti di lavoro. Non vorremmo sbagliare, ma la nuova Europa sorgerà quando il legislatore europeo non sarà più il Consiglio dei Capi di Stato e di Governo (afflitti dalle quotidianità nazionali e quindi distratti) ma il Parlamento europeo che dovrà eleggere la commissione che ad esso dovrà rispondere senza più delegare i grandi burocrati europei che appaiono, a conti fatti, piccoli, piccoli, piccoli.

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