Perchè NO

articolo pubblicato su Il Foglio Quotidiano il 14 ottobre 2016

Il confronto sul referendum dl 4 dicembre va depurato di ogni furore ideologico. Noi votiamo NO per motivi di merito non avendo nulla di personale contro il presidente del consiglio. Innanzitutto non è stata una congiunzione astrale sfavorevole a determinare la contestualità tra la riforma della costituzione e la legge elettorale. Entrambe, infatti, rispondono ad un disegno politico preciso ed hanno un comune impianto che se dovesse vincere il SI spingerà la democrazia italiana verso una progressiva deriva autoritaria chiunque ne esca vincente. Partiamo dalla riforma. Quasi tutti ritengono possibile superare il bicameralismo perfetto. Questa riforma, però, non lo abolisce ma lo trasforma pasticciando. Infatti pochi ricordano che al di là della riduzione delle competenze bicamerali che restano in capo al Senato, c’è quella norma che sembra quasi una comica d’antan per cui ogni legge che la Camera approva prima di essere promulgata deve, non può, deve essere inviata al Senato che ha 10 giorni di tempo per decidere, su richiesta di un terzo dei senatori se esaminare o meno il testo della Camera avendo poi 30 giorni di tempo per “suggerire” modifiche ai deputati. Si passa cioè da un bicameralismo perfetto ad un bicameralismo “suggeritore” alla faccia della velocità del processo legislativo e della moderna razionalità. Noi vorremmo abolirlo per davvero il bicameralismo paritario e perciò votiamo NO. Inoltre i senatori non possono essere nominati dai consigli regionali, un collegio fatto cioè di 40-60-80 componenti e non possono essere ad un tempo consiglieri o sindaci e senatori. In Francia, esempio spesso citato dagli amici del SI, i senatori, molto più numerosi dei 100 previsti, sono eletti per davvero da una platea di 150mila amministratori e non nominati con accordi tra i partiti come avverrà nei consigli regionali. La legittimità democratica è un bene non negoziabile. Si può ridurre la platea degli elettori ma non al punto di trasformare la elezione in una nomina. Questo è un altro motivo per cui votiamo NO. Nelle leggi bicamerali che danno attuazione all’articolo 117 (competenze regionali) le deliberazioni del Senato possono non essere accolte sempre quando siano respinte dalla maggioranza assoluta dei componenti della Camera, e cioè 316, numero che solo il partito che riceverà lo scandaloso premio del 15% potrà raggiungere. Altro elemento che mina nel profondo il processo legislativo democratico perché in casi nei quali resta il bicameralismo paritario, si dà la prevalenza ad una Camera e ad una maggioranza di deputati costruita non con il consenso degli elettori ma con una tecnicalità elettorale (il premio di maggioranza). Altro elemento per cui votiamo NO. La più volte richiamata abolizione delle province viene smentita dal consolidamento, come organo costituzionale, delle città metropolitane. L’unica cosa che resta abolita è l’elezione diretta dei consiglieri provinciali da parte dei cittadini. Elemento purtroppo ricorrente. Concludendo dopo la doppia approvazione (costituzione e legge elettorale) il paese verrebbe affidato alla migliore minoranza del paese che diventerà maggioranza con lo scandaloso premio del 15% e il cui segretario politico si nominerà la maggioranza dei propri parlamentari, e verrà eletto direttamente dal popolo nel ballottaggio modificando così surrettiziamente anche la forma di governo (senza introdurre un chiaro presidenzialismo con pesi e contrappesi) ponendo, almeno a chi ha la vista lunga, un enorme problema costituzionale: un premier eletto direttamente dal popolo anche se nel ballottaggio potrà poi essere sfiduciato da un parlamento costituito in maggioranza da componenti nominati? Rifletteteci e vi accorgerete che con questo quadro riassuntivo descritto chiunque dovesse vincere sarà inevitabilmente attratto da una selezione cortigiana della classe dirigente nel mentre gli italiani verranno privati del voto perché non eleggeranno più la maggioranza dei propri parlamentari. Questa è una deriva autoritaria. Gli incolti criticano la unità di diverse culture nel fronte del NO che invece fa quel che avrebbe dovuto fare il parlamento e dimenticano che la costituzione deve essere scritta da “diversi” come fecero quasi 70 anni fa De Gasperi e Togliatti, Croce e Nenni, Calamandrei e Fanfani.

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