E’ tornata la Rupe Tarpea, ultimo disastro della politica-goliardia

Pubblicato su ” Il Foglio” il 18 ottobre 2012

Dopo tantissimi secoli sembra essere tornata di moda la Rupe Tarpea, la roccia vicino al Campidoglio dalla quale i romani gettavano i traditori recuperando così la leggenda di Sparta che buttava giù dalla sua rupe ( il monte Taigeto) i bambini deboli  o disabili. Il ritorno di questa moda che affonda le sue radici nelle antiche leggende, naturalmente, è solo virtuale e per il momento è limitato alla politica. Questa volta, contrariamente alla leggenda, si buttano dalla rupe Tarpea i politici di lunga durata. Insomma non i vecchi per età ma i sessantenni ricchi di esperienza e di quella lucidità politica molto poco diffusa. E’ il carnevale della politica italiana che dura da venti anni durante il quale sono sfilati carri allegorici  che non hanno mai fatto ridere ma qualche volta piangere. Abbiamo visto il carro in cui campeggiava il cappio del leghista Orsenigo contro la presunta corruzione degli altri mentre il suo segretario amministrativo Alessandro Patelli intascava 200 milioni di vecchie lire dalla famiglia Ferruzzi scusandosi, poi, col dire: li ho tutti perduti.  Quel carnevale durò per molti anni ancora con goliardici  battesimi con l’acqua del Po e finti vichinghi cornuti vestiti di verde. E mentre l’Italia era affannata, sfilavano gli altri carri allegorici, qualcuno con l’asinello, qualche altro con la margherita, un altro più grosso con un piccolo grande ulivo, tutti dal significato oscuro  o quanto meno criptico  mentre dalla sponda opposta troneggiavano nel loro lussureggiante aspetto il sesso e il danaro nel trionfo della giovinezza vera e del mito di Dorian Gray. Un carnevale infinito con ubriacature ricorrenti incurante del declino economico che cominciava ad attanagliare nelle sue spire un’Italia sempre più attonita e smarrita.  Ora è giunto il tempo della rupe Tarpea. Tanti giovani signori e signore inesperti assoluti di politica o scalatori con qualche esperienza amministrativa incitano la piazza a gettar via patrimoni politici e personali in nome di un rinnovamento che non ha alcuna idea se non quella di “ levati tu che mi ci metto io”. Noi siamo, ad esempio, tifosi di Matteo Renzi perché democristiano di vecchia data anche se un po’ plagiato da un berlusconismo insidioso e velenoso per sé prima che per gli altri, ma riteniamo un errore, per una politica boccheggiante come quella italiana, privarsi di Massimo d’Alema (e di tanti altri) che pure non voteremmo mai per ragioni squisitamente politiche e non certo perché è da venti anni in Parlamento. Il rinnovamento, insomma, è nelle facce o nelle idee? Cosa mai hanno fatto in questi anni i trentenni e quarantenni  che siedono nelle Camere e i tanti loro coetanei nelle istituzioni locali? Chi è diventato noto al grosso pubblico è solo per aver chiesto di buttare dalla virtuale rupe Tarpea i d’Alema, i Marini, i Casini, le Bindi e via di questo passo. Sbagliano, e anche di grosso! La giovinezza è un’opportunità non un valore in sé. I grandi innovatori del passato furono i Moro e gli Zaccagnini che offrirono le opportunità ai giovani dell’epoca, compreso l’unico presidente del consiglio quarantenne dell’Italia repubblicana, il compianto Gorìa. Alla stessa maniera fece Enrico Berlinguer che nella sua federazione giovanile faceva crescere i Veltroni, i Mussi, i d’Alema e tanti altri. Lo stesso Giacomo Mancini lanciò Craxi e i giovani socialisti di quel tempo garantendo un ricambio generazionale e un forte bagaglio innovativo sul terreno istituzionale e politico che oggi tutti riconoscono. Attenti allora. Ogni carnevale finisce e spesso finisce in tragedia e questo Paese ne ha vissute già troppe. Oggi l’Italia chiede una politica alta fatta di buoni maestri e di allievi altrettanto capaci per risalire, uniti, la china che è stata percorsa in questi venti anni con spavalda goliardia nel silenzio complice di tanti e dalla quale non risaliremo certo con simpatici burloni o con dilettanti allo sbaraglio.

 

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