L’analisi-Pubblicata sul ” Corriere della Sera” il 14 novembre 2013
Errare, come si sa, è umano ma perseverare nell’errore per 20 lunghi anni è più che diabolico. Angelo Panebianco è tornato a parlare del sistema elettorale accusando di nostalgia quanti auspicano il ritorno al proporzionale e, aggiungiamo noi, alla preferenza. La politologia italiana in larga parte ha sostenuto, dopo il 1992, che il toccasana per questo paese era un sistema elettorale maggioritario per garantire la governabilità. Sin quando non c’è stata la realtà a smentire la bontà di un sistema maggioritario in un paese come il nostro con più opzioni politiche, quella tesi era un’opinione legittima come ogni altra. Dopo vent’anni persistere è qualcosa di più di un errore. In 15 anni il cosiddetto Mattarellum, di cui oggi si torna a parlare, ha prodotto oltre 15-16 partiti in parlamento a fronte dei 9 presenti nella cosiddetta prima Repubblica che aveva vissuto per oltre 40 anni con un proporzionale puro. Nel periodo 1994-2006 oltre 200 parlamentari hanno cambiato casacca, nei primi 40 anni uno solo ha cambiato partito se si esclude l’espulsione dal PCI di quelli del Manifesto e del DC Mario Melloni (l’indimenticabile “fortebraccio”) che aveva votato contro l’entrata dell’Italia nella Unione europea occidentale. Nel periodo 1994-2001 (7 anni) abbiamo avuto 5 governi ( Berlusconi, Dini, Prodi, D’Alema, Amato), nei precedenti 10 anni (1983-‘92) appena 4 (Craxi, Goria, De Mita, Andreotti), così come nel decennio 2001-2011 (Berlusconi, Prodi, Berlusconi, Monti). Fino al 1994 il più modesto dei parlamentari rappresentava un pezzo di territorio o di società, in questi ultimi venti anni nessuno rappresenta qualcosa perché anche nel Mattarellum l’eletto non lo sceglievano gli elettori ma lo trovavano stampigliato sulla scheda elettorale del collegio. Che altro deve accadere perché si capisca che il sistema maggioritario uninominale a uno o a due turni produce frantumazione e penalizza la libera scelta degli elettori? Nel 2008, con quel proporzionale chiamato porcellum sol perché mancavano le preferenze e aveva un premio di maggioranza devastante che neanche il fascismo ebbe il coraggio di proporre, i partiti in parlamento furono appena 5 (PD, PDL, Lega, IDV, UDC) a fronte dei 10 nella legislatura precedente. Questa, dunque, è l’esperienza tragica degli ultimi 20 anni. Non si può, allora, continuare a far male al paese riproponendo la suggestione del maggioritario. In una democrazia parlamentare con un sistema proporzionale, l’instabilità politica non è data dal meccanismo elettorale ma dalla crisi dei partiti perché laddove essi esistono ed hanno una cultura di riferimento e una democrazia interna e quindi sono partiti di massa, il sistema politico regge (Germania, Spagna, Austria etc). Laddove, invece, i partiti hanno smarrito queste qualità essenziali, non serve il maggioritario ma un sistema presidenziale con pesi e contrappesi come avvenne con la crisi della quarta repubblica francese nella speranza che i partiti ritrovino l’antica autorevolezza. Proprio come è accaduto in Francia.
Be the first to comment on "Il Maggioritario non è sinonimo di stabilità"