Pubblicato su “il Foglio” il 4 gennaio 2014
Una delle prime fatiche, chiamiamole così, che il Parlamento dovrà affrontare sarà quella della nuova legge elettorale dopo venti anni di “mattarellum” e di “ porcellum”. Renzi intelligentemente ha messo sul tavolo tre proposte diverse su ciascuna delle quali il suo PD sarebbe d’accordo. Senza scendere nel merito, il rischio che i partiti dovranno evitare è innanzitutto quello di impedire che il proprio desiderio diventi padrone della ragione. Ognuno, infatti, sembra volere una legge elettorale capace di favorire, o quanto meno di non danneggiare il proprio partito. Un istinto di conservazione presente molto forte nel mondo animale che impedisce, però, il trionfo di una ragione che metta al centro l’interesse generale e non la conservazione o lo sviluppo di questo o di quel partito. Questo compito spetta alla politica, alla sua credibilità e al suo rapporto con la società italiana. La stessa governabilità non può più essere usata come alibi per introdurre ulteriori sconcezze come il premio di maggioranza. La governabilità è anch’essa il frutto di una politica lungimirante e credibile e non può essere un onere da mettere sulle spalle di una legge elettorale. Quest’ultima, infatti, altro non è che una macchina fotografica che rileva le opzioni politiche di un paese. Se il paesaggio fotografato è decadente non è che esso si modifica cambiando macchina fotografica (alias legge elettorale) ma bisogna che sia il paesaggio a trasformarsi. E anche questo è compito della politica. Se, dunque, è vero che la legge elettorale è una sorta di macchina fotografica che rileva le scelte politiche di una società, la fotografia la si può ritoccare per evitare guasti devastanti ma non la si può cambiare nel profondo modificando, così, l’indirizzo e la volontà politica del paese. La soglia di accesso per entrare in Parlamento, ad esempio, è un “ritocco” fotografico che evita quella frantumazione partitica dannosissima alla credibilità del Parlamento. Il premio di maggioranza, al contrario, non è un “ritocco” ma è quasi sempre un cambio vero della fotografia politica del paese dal momento che un partito che raccogliesse il 35% dei consensi prenderebbe, grazie a quel premio, il 55% dei deputati come è accaduto nelle ultime elezioni in cui il PD addirittura con il 25% ha preso più del doppio dei deputati che gli spettavano per i voti raccolti. Quale dovrebbe essere, allora, l’approccio “ragionevole” per una legge elettorale che non duri lo spazio di un mattino e che fornisca un quadro il più possibile fedele del paesaggio politico del paese? Innanzitutto una indispensabile coerenza tra la legge elettorale e il tipo di democrazia che vogliamo. Se le forze politiche dovessero confermare la scelta per una democrazia parlamentare dovranno tener sempre presente che sarà il Parlamento a fare o a disfare le maggioranze come avviene in tutte le grandi democrazie europee (Germania, Spagna, Gran Bretagna). Nelle democrazie parlamentari si votano i partiti, non le coalizioni dei partiti, una anomalia questa tutta italiana che ha testimoniato, aggravandola, la debolezza politica degli ultimi vent’anni. L’esempio ultimo è quello della democrazia parlamentare tedesca. La Merkel ha governato con i liberali negli ultimi 5 anni. I liberali, questa volta, non hanno superato la soglia del 5% e la CDU-CSU della Merkel, pur raccogliendo il 42% dei consensi ( nel nostro paese solo la DC sino all’inizio degli anni ’80 raggiungeva quelle percentuali), ha dovuto fare di necessità virtù ritrovando nel Parlamento uscito dalle urne una maggioranza parlamentare che fosse tale anche nel paese. Citiamo l’esempio tedesco perché quella democrazia ha quel “ritocco fotografico” ( la soglia) che impedisce la frantumazione e persegue quella scelta democratica di fondo per la quale la maggioranza parlamentare deve essere anche maggioranza nel paese e non, come è avvenuto nella cosiddetta seconda Repubblica, in cui tutti i governi erano, proprio grazie al premio, maggioranza in Parlamento e minoranza nel paese con tutto quel che ne conseguiva. Se qualcuno vuole, invece, che sia l’elettore a scegliere nell’urna chi dovrà governare deve chiedere un sistema presidenziale naturalmente con i pesi e contrappesi, possibilmente simili a quelli esistenti nella democrazia presidenziale americana. Ultima considerazione. Il sistema maggioritario funziona, solo nei paesi in cui la società è essa stessa bipartitica come negli Usa e, fino a qualche tempo fa, in Gran Bretagna. E’ assolutamente disastroso se invece esso viene calato in un paese dove ci sono più opzioni politiche con collegi con uno o due turni, perché produce trasformismo parlamentare come dimostra la storia dell’Italia liberale pre-fascista e l’esperienza ventennale della seconda Repubblica. Non è un caso che nell’epoca in cui si votavano i partiti e c’erano le preferenze non vi fu alcun episodio di trasformismo parlamentare. Le tre opzioni di Renzi sono senza dubbio una intelligente mossa tattica ma il più grande partito del paese deve sapere che il paese non vuole più un Parlamento di nominati né un Parlamento frantumato e vuole, altresì, che la maggioranza parlamentare sia anche maggioranza nel paese. Al di fuori di queste scelte ci sono solo pasticci come quelli degli ultimi vent’anni e governicchi che non avranno dalla loro la maggioranza del paese.
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