Articolo pubblicato su ” Il Foglio” il 4 ottobre 2018
Al direttore-
Se non è un caos questo nuovo governo, poco ci manca. Non solo incertezze quotidiane ma anche sul piano strategico e sulla visione di fondo tutta incentrata sull’immigrazione e su slogan buoni per feste paesane. Sia chiaro che il problema dei flussi migratori ha alla sua base una debolezza politica dell’intera Unione Europea e Salvini ha fatto bene a dare una scossa. Ma quando si passa al sovranismo le idee si annebbiano e la confusione comincia ad alimentare un caos istituzionale. Se la visione del futuro non c’è, la politica degrada ad assemblaggio di interessi piccoli e grandi che scivolano o verso il velleitarismo o verso l’autoritarismo o spesso verso entrambi. Ma cosa è mai questo populismo “sovranista”? Lo spiega bene il sovranista olandese Geert Wilders che rispondendo a Cernobbio alle domande di un giovane imprenditore ha risposto lapidariamente “ io sono stato eletto dagli olandesi e devo fare il loro interesse. E solo il loro interesse! ” Chi vuole recuperare sovranità nazionale deve anche sostenere coerentemente il contrasto duro alla globalizzazione ed alla libera circolazione dei capitali e delle merci e quindi il ritorno di fatto alla prima metà del novecento. Che senso avrebbe, infatti, una sovranità nazionale in una stagione della globalizzazione in cui troneggia la sovranità dei mercati finanziari? Se il nostro deficit dovesse essere aumentato di molto senza una credibile capacità di crescita dovremmo temere più le sanzioni della commissione europea o i mercati che in tempo reale e senza possibilità di ricorrere ad alcuna corte di giustizia ci lascerebbero in brache di tela non sottoscrivendo più i nostri titoli del debito pubblico? Non c’è dubbio che la sovranità che dovremmo temere è quella dei mercati. Può darsi che gli economisti delle nuova sovranità nazionale ci possano rispondere “ ma tanto noi cambieremo la disciplina dei mercati finanziari”. Musica per noi che da oltre dieci anni critichiamo la finanziarizzazione dell’economia internazionale. Ma per far tutto questo dovremmo convincere di questa esigenza una gran parte dei paesi del G20 e innanzitutto l’unione europea. Per farlo, però, bisogna star dentro quella Unione, rafforzarla ed attivare una offensiva di persuasione per far riprendere alla politica il suo primato perduto rispetto alla finanza internazionale per poi affrontare la grande questione della nuova disciplina dei mercati. Tutto questo, dunque, contraddice alla base la teoria del ripristino della sovranità nazionale perché da solo nessun paese può fare i propri interessi. Gli stessi Stati Uniti che guidano con Trump questa avventurosa e strampalata politica dei sovranismi nazionali cominciano a comprendere che questa direzione di marcia sta di fatto favorendo gli altri due imperialismi esistenti nel mondo, quello russo e quello cinese che stanno espandendo le rispettive zone di influenza economica e militare. La risposta dell’isolazionismo americano qual é se non quella di favorire la disgregazione della Unione Europea? Piaccia o no questa cosa definita sovranismo sta per diventare l’innesco distruttivo di tutto ciò che si è creato di pace, di benessere, di progresso tecnologico e di civiltà in 70 anni in cui la democrazia liberale ha sconfitto i nazionalismi portatori di falsi idoli, di guerra e di miseria. Quel che il mondo ha conquistato con fatica ed errori lo può perdere in poco tempo se le società nazionali non capiranno che gli interessi nazionali saranno più facilmente tutelati all’interno di organismi internazionali dove le voci nazionali possono essere ascoltate ed in grado di guidare un nuovo ordine monetario, il commercio internazionale, la tecnologia digitale e le sue mille applicazioni, il contrasto al terrorismo internazionale ed al degrado dell’ambiente del nostro splendido pianeta piuttosto che un nuovo nazionalismo retorico miserabile e guerrafondaio.
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